giovedì 29 aprile 2010

L'ittero

Per ittero si intende la colorazione gialla assunta dalla cute e dalle mucose per accumulo nel sangue della bilirubina, che è un pigmento biliare prodotto dalla dissociazione della emoglobina nel fegato e nella milza.
Quasi la metà dei neonati sviluppano l’ittero. Nella maggior parte dei casi si tratta di una forma innocua e si parla allora di ittero fisiologico. L’ittero appare in genere dopo il secondo giorno di vita e scompare nel giro di una settimana. Nei prematuri tende ad essere più evidente intorno al quinto o seso giorno e dura più a lungo, spesso dieci o più giorni. Un bambino con l’ittero ha bisogno della luce del sole e di pasti frequenti. Se ne avete la possibilità e la stagione lo permette, mettetelo vicino alla finestra, cercando di esporre il suo corpicino alla luce del sole. Il neonato itterico di solito dorme molto e non si sveglia da solo per i pasti. Per eliminare la bilirubina ha però bisogno di molti liquidi, per cui dovrete svegliarlo spesso per nutrirlo, anche ogni due ore. Se il tasso di bilirubina è alto, il pediatra sotopporrà il bambino alla fototerapia per abbassarne il livello. Questo trattamento, per mezzo della luce, provoca la trasformazione fotochimica della bilirubina in sostanze che sono eliminate con l’urina.
E’ ovvio che se l’ittero dovesse permanere a lungo e se i valori della bilirubina dovessero continuare a crescere, sarà necessario effettuare altri esami che escludano patologie a carico del fegato.

martedì 27 aprile 2010

Le varici in gravidanza

Una delle situazioni più comuni durante la gravidanza è la comparsa di vene e/o capillari alle gambe. Queste vene possono presentarsi marcatamente ingrandite e patologiche (varici) oppure semplicemente più evidenti di quanto lo fossero in precedenza.La causa non è la gravidanza, ma la gravidanza può favorire la loro insorgenza per due motivi: la situazione ormonale e l’ingombro dell’utero gravido. La familiarità, il tipo di lavoro, la stipsi cronica, la cellulite, il soprappeso, l’eccessivo carico di sodio, contribuiscono a facilitarne l’insorgenza. Il denominatore comune di questi quadri clinici è la contemporanea comparsa o accentuazione di alcuni disturbi come stanchezza, sensazione di pesantezza e tensione nelle gambe ("gambe dure"), formicolii o crampi notturni, improvvise "scosse elettriche" all'inguine o alla caviglia, piedi gonfi (specie alla sera). Esistono ovviamente dei validi rimedi a tutto ciò:
  • Innanzitutto è bene evitare il più possibile di stare in piedi a lungo: la posizione eretta, a causa della forza di gravità, scarica sulle vene delle gambe tutta la massa sanguigna e se queste sono incontinenti o varicose, le dilata enormemente.
  • Bisogna poi fare attenzione a non sedersi su sedie o poltrone troppo basse; l'eccessiva angolatura dell'articolazione del ginocchio provoca lo "strozzamento" delle vene superficiali.
  • Bisogna sforzarsi di camminare molto e, se possibile, nuotare: questi tipi di attività ginnica sono dei toccasana per il circolo venoso e mantengono il tono muscolare in efficienza, con relativo guadagno del ritorno venoso.
  • Nel caso di un lavoro sedentario bisogna alzarsi in piedi per qualche momento e portare calze elastiche.
  • Assolutamente da evitare sono i bagni troppo caldi e le situazioni ambientali dove la temperatura sia troppo elevata (sauna).
  • Soprattutto bisogna indossare costantemente calze elastiche idonee.
  • La calza elastica è, a tutti gli effetti, un dispositivo terapeutico
  • Una calza della compressione idonea sarà in grado di prevenire problemi venosi durante la gravidanza ed il post-partum.

martedì 16 marzo 2010

Controlli al seno

Per la salute la parola magica è prevenzione!!! Specialmente noi donne non dobbiamo dimenticarlo…
Un bel seno florido è uno dei principali simboli di femminilità. Il decolté va curato dai segni del tempo e da eventuali problemi di salute. Non dimentichiamoci, oltre ai trattamenti estetici, di fare controlli periodici per verificare che non si siano creati noduli, di qualunque natura, o cisti. Spesso per imbarazzo o per semplice mancanza di tempo ci dimentichiamo di tenere sotto controllo la salute del nostro corpo.
E’ invece fondamentale, specialmente per la prevenzione del cancro al seno, fare controlli periodici.Conviene essere adeguatamente informati ed affidarsi ad uno Specialista del campo.
Bisogna inoltre ricordare sempre che da una malattia curata in tempo si può guarire.
  • 20 ANNI: Questo periodo della donna è caratterizzato da un’eccessiva produzione di estrogeni. La situazione ormonale può essere causa di fisiologica tensione mammaria in fase premestruale.Non è necessario, in assenza di patologia, effettuare alcun controllo specialistico, ad eccezione dei casi di provata ereditarietà o significativa familiarità. In questi casi sarà lo Specialista di fiducia a suggerire la frequenza dei controlli, che devono comunque consistere di esame clinico ed ecografia.
  • 30 ANNI: La ghiandola mammaria è ancora molto sensibile alle stimolazioni ormonali. La sintomatologia è quindi caratterizzata ancora da tensione mammaria in fase premestruale, benché alle volte si possano registrare cambiamenti sia nell'intensità del dolore sia nella durata. Annualmente è corretto eseguire un controllo composto da esame clinico ed ecografico. La frequenza dei controlli resta comunque a discrezione dello Specialista, che deciderà in base alla complessità del quadro e alla familiarità della Paziente.
  • 40 ANNI: Con il passare degli anni tende percentualmente a ridursi la sensibilità della ghiandola mammaria alle stimolazioni ormonali ed è per questo che in genere si riduce la sensazione di tensione mammaria e di dolore che caratterizzano il periodo premestruale. Diversa è chiaramente la situazione in caso di assunzione di pillola anticoncezionale o di displasia fibrocistica accertata. È consigliabile eseguire controlli annuali composti da esame clinico e mammografia. È a discrezione dello Specialista che esegue la mammografia effettuare o richiedere l'integrazione con esame ecografico e stabilirne la frequenza (in assenza di situazioni considerate a rischio il controllo mammografico è annuale, mentre quello ecografico può essere semestrale).
  • 50 ANNI: È sempre meno frequente una risposta della ghiandola mammaria alle stimolazioni ormonali. Inoltre, bisogna sempre tener presente che possono irradiarsi al seno dolori che provengono dalla colonna cervico-dorsale e dalle spalle. La sintomatologia mammaria può essere diversa nelle donne che assumono terapia ormonale sostitutiva, che devono essere pertanto adeguatamente seguite. La frequenza dei controlli è sempre annuale, tranne che per pazienti specificatamente a rischio (ereditarietà, familiarità, terapia ormonale sostitutiva) o per quadri mammari particolarmente complessi.

Il papilloma Virus

Il papilloma virus è una delle cause più frequenti del tumore all'utero. Oggi però sono disponibili test che permettono di individuarne per tempo la presenza. Di recente, inoltre, sono stati messi a punto due nuovi vaccini.Proprio le campagne organizzate in occasione dell'introduzione in Italia del vaccino per il papilloma virus hanno richiamato l'attenzione sul tumore al collo dell'utero. Questa malattia negli ultimi anni, grazie alla diffusione del pap test, ha ridotto la sua incidenza nei paesi industrializzati, ma costituisce ancora una fonte di pericolo molto forte per la salute delle donne.La presenza del papilloma virus nella mucosa della cervice uterina è stata riscontrata nel 95% dei casi di tumore al collo dell'utero. Gli esperti oggi concordano sul meccanismo che dall'infezione può portare all'insorgenza del tumore: se non viene eliminato dal sistema immunitario, il papilloma virus può col tempo favorire lo sviluppo del tumore.L’Italia è il primo Paese europeo a pianificare una strategia di vaccinazione pubblica contro il Papilloma virus (HPV), l’agente virale che può essere causa di infezioni genitali femminili e, a lunga distanza, anche del tumore della cervice uterina, malattia che causa ogni anno circa mille morti.Secondo le informazioni scientifiche oggi disponibili, la vaccinazione contro l'HPV è sicura, ben tollerata e in grado di prevenire nella quasi totalità dei casi l’insorgenza di un’infezione persistente dei due ceppi virali responsabili attualmente del 70% dei casi di tumore alla cervice uterina.
L’utilizzo del vaccino comunque affianca ma non sostituisce lo screening periodico attraverso il PAP test, attualmente raccomandato per le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni, che ha già portato negli anni a una drastica riduzione delle morti, attraverso la diagnosi precoce delle lesioni precancerose e del tumore.
A partire dal mese di marzo 2008, la campagna di offerta del vaccino attiva e gratuita sarà rivolta alle ragazze dagli 11 ai 12 in modo uniforme in tutto il territorio italiano (a partire da quelle nate nel 1997), e negli anni produrrà una progressiva immunizzazione della popolazione giovane adulta esposta al rischio di infezione.
Per favorire la diffusione in tutto il Paese della vaccinazione pubblica contro il carcinoma della cervice uterina, nella Finanziaria 2008 sono stati stanziati 30 milioni di euro come contributo aggiuntivo alle risorse già previste nell’ambito dei fondi per l’assistenza farmaceutica. Altri 40 milioni di euro sono stati reperiti dai capitoli di bilancio del Ministero della Salute.
A fine aprile tutte le regioni hanno disposto i calendari per la somministrazione dei vaccini contro il virus HPV, le famiglie possono rivolgersi alle proprie ASL per informazioni sulle modalità di effettuazione
Quali sono i sintomi del Virus Papilloma?

Il Virus Papilloma può causare verruche con molte caratteristiche differenti. Esse possono apparire piccole o grandi, piatte o in rilievo, singole o multiple; qualche volta le verruche non sono persino visibili. I più comuni posti per rilevare le verruche sono fuori della vagina, sul pene, e attorno all'ano. Nelle donne il Virus Papilloma può portare allo sviluppo di verrucche dentro la vagina e anche sulla cervice, In circa metà dei casi, le persone infette con il Virus Papilloma non hanno nessuna verruca.

martedì 2 febbraio 2010

Il tri-test

Il tri-test è oggi l'esame di screening prenatale per le anomalie cromosomiche più diffuso.
Viene effettuato dalla quindicesima alla diciottesima settimana di gravidanza e si esegue con un semplice prelievo del sangue, che viene successivamente analizzato da un laboratorio specializzato. Questa analisi consiste nella valutazione del dosaggio nel sangue materno di tre sostanze che hanno origine dal feto e dalla placenta. Se le concentrazioni di queste sostanza nel sangue materno non corrispondono ai parametri normali, potrebbero segnalare un problema genetico del bimbo. Infatti, il tri-test, risulta positivo in circa il 55 per cento dei feti con alterazione dei cromosomi. Il tri- test fa parte di una serie di accertamenti che vengono eseguiti gratuitamente durante la gravidanza e viene effettuato in quasi tutte le strutture ospedaliere.
Il risultato viene consegnato nell'arco di tre-quattro giorni.Il Tritest di conseguenza non dà alcuna certezza, ma permette di identificare quelle donne che potrebbero decidere di sottoporsi ad un'amniocentesi, avendo un rischio più elevato di partorire un bambino affetto da mongolismo.
E' importante sottolineare che circa il 98% delle donne che presentano un Tritest positivo (e che quindi hanno un rischio più elevato di avere un bambino affetto dalla sindrome di Down), partoriscono un figlio perfettamente normale.
Per incrementare la stima del rischio di avere un bambino Down il Tritest viene ora associato al test della "translucenza nucale", un'indagine ecografica che si esegue tra la 10° e la 13° settimana di gestazione. L'esame consiste nella misurazione dello spessore di edema (accumulo di liquido) sottocutaneo a livello della nuca del feto: questa zona, infatti, tende ad avere dimensioni aumentate negli individui affetti da mongolismo.

Boel Test

Il Boel test è un test comportamentale in grado di fornire informazioni non solo sull’udito del bambino, ma anche sulle sue capacità uditiva e motoria. Il termine "Boel" è un acronimo derivante da una frase in lingua svedese, il cui significato in italiano è "orientamento dello sguardo dopo stimolo sonoro". L’età ideale per l’esecuzione va dai 7 ai 9 mesi, che nel neonato pretermine vanno calcolati a partire dalle 40 settimane postconcezionali. Si richiede solo un ambiente il più possibile tranquillo.L’attrezzatura utilizzata è molto semplice: un bastoncino rosso (gripper) e due anelli ruotanti concentrici (spinner), per attirare l’attenzione visiva; due coppie di campanelli d’argento (balls e bells) che emettono suoni di frequenza compresa tra 4.000 e 12.500 Hz e di intensità non superiore a 45 decibel a 20 cm dalla fonte sonora.Il bambino siede sulle ginocchia della madre o di chi lo accompagna, l'attrezzatura utilizzata è molto semplice ed è sta studiata per catturare l'attenzione del bambino : si tratta di 4 fonti sonore e di 2 stimoli visivi, in media 15 minuti sono suffucienti per l'esecuzione del test.

Lussazione dell'anca

La displasia dell'anca è una deformità articolare che ha inizio durante la vita intrauterina del bambino, ma continua a evolvere durante i primi anni di vita. Questa scoperta ha fatto abbandonare la vecchia definizione di "displasia congenita dell'anca" in favore di quella più corretta di "displasia evolutiva dell'anca".
Il carattere distintivo di un'anca displasica alla nascita è l'instabilità, ovvero l'eccessiva lassità dell'articolazione che permette alla testa femorale di uscire e rientrare nella cavità acetabolare sotto l'azione di forze esterne (ad es. quelle esercitate da un ortopedico pediatrico nella visita del neonato). Se l'instabilità sfugge alla diagnosi e non viene trattata, con il passare dei mesi la testa femorale, sottoposta all'azione dei muscoli e poi del peso corporeo, perde gradualmente i rapporti con la sua sede naturale (il cotile) e risale verso l'alto, configurando una lussazione permanente dell'anca (un tempo detta "lussazione congenita").
La guarigione può avvenire in 3-4 mesi, come in sei o dopo un anno.Come si manifesta?
La displasia evolutiva si manifesta in modo differente nelle diverse età della vita. In particolare:

- Nel neonato: solo una vista ortopedica pediatrica permette di identificare la condizione di instabilità, che normalmente non produce segni o sintomi evidenti.

- Nel bambino che ancora non cammina: l'azione della muscolatura può avere già portato ad una lussazione parziale (sublussazione) o completa dell'articolazione. Questa si presenta con un accorciamento della coscia corrispondente (facendo piegare le ginocchia al bambino appoggiato sul dorso si può notare che le due ginocchia non sono allo stesso livello), con un asimmetria delle pieghe cutanee della natica, con una limitazione dell'abduzione dell'anca interessata (ovvero una difficoltà nel divaricare).

- Nel bambino che cammina: l'effetto del peso corporeo tende a lussare l'articolazione, producendo un accorciamento dell'arto corrispondente e quindi una zoppia. Il bambino è costretto a camminare sull'avampiede.

- Nell'adulto si possono verificare due condizioni, a seconda che l'anca sia lussata oppure no. Nel primo caso, i problemi sono più spesso a carico della colonna (iperlordosi) e del ginocchio (valgo), che vengono costretti ad un sovraccarico funzionale di compenso. Nel secondo caso, un anca sublussata o centrata ma con un acetabolo poco profondo (displasia residua) può sviluppare precocemente un artrosi severa, che differisce da quella primaria per la grave limitazione della rotazione esterna e per l'importante accorciamento dell'arto.

lunedì 25 gennaio 2010

Mamme con malattie genetiche o cromosomiche.

Dare alla luce un bimbo sano e bello è oggi un obiettivo più vicino anche per le coppie portatrici di malattie genetiche o cromosomiche. Una nuova diagnosi genetica pre-concepimento è stata infatti messa a punto da un’équipe di ricercatori romani dell’Università La Sapienza e del Laboratorio Menoma.
Consente di avere figli sani grazie a una selezione degli ovociti (e non degli embrioni, vietata dalla Legge 40), mettendo d’accordo etica e scienza.Il test è già disponibile, tanto che a Roma è nata la prima bimba, bella e soprattutto sana. Per saperne di più ci si può rivolgere al Laboratorio Genoma, numero verde 800-501651

martedì 19 gennaio 2010

La respirazione nel parto

Durante il travaglio arriva il momento in cui la futura mamma deve mettere in pratica le tecniche di respirazione e rilassamento apprese nel corso della gestazione.
All'inizio della prima fase delle doglie le contrazioni sono lievi e consentono di respirare profondamente.
Una delle funzioni più importanti dei corsi pre-parto è proprio quella di insegnare alle future mamme, quali siano le migliori tecniche di respirazione al fine di rendere il dolore più sopportabile.
Alcune delle metodologie illustrate prevedono l'aiuto del partner o della persona che assiste al parto anche se solitamente la donna sceglie di impiegare quelle modalità che non richiedono alcun aiuto esterno.Man mano che il travaglio procede le contrazioni si intensificano e con esse anche il dolore quindi viene spontaneo accelerare il ritmo del respiro.
Il primo esercizio da svolgere per prendere consapevolezza del proprio corpo è quello di appoggiare le mani sulla parte inferiore della pancia cercando di respirare il più lentamente possibile.
Bisogna inspirare in profondità, percepire le proprie narici che si dilatano filtrando l'aria per poi espirare attraverso la bocca sentendo il proprio addome gonfiarsi nell'inspirazione per poi abbassarsi nell'espirazione proprio come un'onda che prima giunge alla spiaggia e poi si ritira nuovamente nel mare.
Questo è senza dubbio l'esercizio migliore per sintonizzarsi con il proprio corpo ed in particolare con il proprio utero durante il travaglio e consente un buon rilassamento sin dai primi momenti.
Avventurandosi nelle contrazioni più forti invece si consiglia di accompagnare ognuna di essa con il respiro, nel momento in cui se ne percepisce il sopraggiungere ci si impegna in una sorta di profondo respiro di benvenuto per poi espirare piano piano.
Con l'allontanarsi della contrazione è importante espirare a fondo come se si stesse ripulendo il proprio corpo soffiando fuori la sensazione di dolore provata. Questa sorta di respiro di sollievo è importante perchè aiuta a rilassare il corpo tra una
contrazione e l'altra riposando la partoriente dopo lo sforzo appena eseguito e segnalando a chi assiste che quello è il momento migliore per comunicare con lei o per farle cambiare posizione.
Bisogna abituarsi a concepire il respiro come naturale anche in situazioni di sforzo, cercando di non opporsi al dolore ma di accompagnarlo respirando profondamente.
Quando le contrazioni raggiungeranno il proprio apice probabilmente la futura mamma sentirà la necessita di respirare con la parte alta del torace rendendo il respiro più rapido ma per forza di cose anche più superficiale per via dei brevi tempi tra una contrazione e l'altra.

Il post-parto

I disturbi che si manifestano dopo la nascita del bebè sono normali e destinati a sparire in breve tempo.
Il parto è, infatti, una grande "emozione", ma anche grande fatica per la mamma. E' normale che dopo aver partorito, la donna accusi oltre a un po' di stanchezza, anche qualche piccolo disturbo.
Nessun allarme però, sono inconvenienti destinati a sparire in breve tempo da soli e con l'aiuto di qualche piccola accortezza.
  • Uno dei disturbi che possono manifestarsi subito dopo il parto è il mal di testa. Durante la fase espulsiva, un'eccessiva tensione dei muscoli della nuca provoca la cosiddetta cefalea muscolo-tensiva, che può essere curata con l'assunzione di un analgesico. Il travaglio richiede un notevole dispendio di energie ed è normale che in questa fase l'organismo bruci il glucosio a disposizione. Questo può provocare il calo ipoglicemico, che può causare anche mal di testa. In questo caso basta fornire nuova energia all'organismo attraverso l'alimentazione (pane, fette biscottate, cereali).
  • In circa la metà dei parti viene praticata l'episiotomia, una piccola incisione del perineo che viene suturata subito dopo la nascita del piccolo. Quando viene meno la leggera anestesia effettuata prima di applicare i punti, la mamma può sentire fastidio, indolenzimento e un leggero bruciore. Ma tutto rientra nella norma. L'unica accortezza è quella di lavarsi usando saponi per l'igiene intima blandamente disinfettanti ed emollienti. Nel giro di qualche giorno i punti non si faranno più sentire.
  • Lo sforzo richiesto durante il travaglio affatica tutti i muscoli, quindi è normale sentirsi dopo il parto stanche e indolenzite. Chi subisce l'impegno più intenso è senza dubbio la schiena, i cui muscoli possono risultare doloranti anche dopo qualche giorno di distanza dal parto.

Per evitare questi disturbi, o almeno per alleviarli, preparatevi al parto con lo stretching, lo yoga o il nuoto. Queste attività allenano i muscoli ad allungarsi e a sopportare trazioni e stress prolungati, e inoltre abituano anche a una respirazione più regolare, utile durante le fasi del travaglio.

Lampade UVA in gravidanza

Andare al mare con il pancione potrebbe essere davvero una buona idea. Alcune mamme però pensano che fare qualche seduta dall'estetista per un lettino o una doccia abbronzante sia indispensabile per proteggersi dal rischio di eventuali scottature durante la successiva esposizione al sole. Non c'è niente di più falso perché questa convinzione, oltre che ad essere potenzialmente dannosa, non ha però nessun fondamento scientifico.
Le lampade UVA possono infatti favorire la comparsa del cloasma chiamato comunemente maschera gravidica caratterizzata dalla comparsa di brutte macchie scure sul volto. I
noltre a differenza degli UVA emessi dal sole, che agiscono colorando e sollecitando la produzione della melanica, gli UVA della lampade artificiali agiscono solo da abbronzante, non ispessiscono lo strato corneo, che è la parte più superficiale della pelle, e non riducono il pericolo di scottarsi.
La lampada non ha particolari controindicazioni durante la gravidanza. Ovviamente è bene non esagerare. Rimangono tutte le precauzioni che è buona norma seguire durante l’esposizione anche quando non si è in gestazione ( adeguata protezione della cute, esposizioni non troppo prolungate, assenza di patologie cutanee e non che possono essere esacerbate con la lampada solare e nel caso di gravidanza avanzata evitare la posizione supina per evitare bruschi cali di pressione).
Quando invece ci si espone al sole si deve sempre usare la giusta crema protettiva. Ricordiamoci poi che non bisogna mai eccedere nell'esposizione evitando le ore più calde della giornata dalle 11:00 alle 16:00.
Se proprio non riuscite a rinunciare ad una tintarella "artificiale" anche in dolce attesa, cercate di rispettare alcune norme base di sicurezza.
Accertatevi che le apparecchiature abbiano il marchio CE esposto che ne attesta la sicurezza e non fate mai più di una seduta a settimana. Evitate le docce solari che vi obbligano a stare in piedi per lungo tempo il che potrebbe procurarvi una momentanea perdita dei sensi.

martedì 12 gennaio 2010

L infertilità femminile

Quando ci si accorge di non riuscire ad avere un bambino, è fondamentale che la donna si rivolga a uno specialista in ginecologia o a un centro di riproduzione assistita.
Per la diagnosi il medico avrà bisogno di avere un quadro preciso della paziente che dovrà sottoporsi prima di tutto a un esame obiettivo manuale e successivamente a esami di tipo ormonale e ovulatorio.
Dopo avere definito i valori di queste indagini il medico potrà sottoporre la donna a due test: quello del muco cervicale ("mucus cervical score") e quello post-coito ("post coital test").

Il muco a metà del ciclo si dovrebbe presentare filamentoso, chiaro e abbondante. La presenza di muco scadente, durante l'esame del muco cervicale costituisce una barriera al passaggio degli spermatozoi.
Nel secondo test, che viene eseguito in fase ovulatoria, si possono ottenere informazioni sulla recettività del muco cervicale e sulla capacità degli spermatozoi di raggiungere e sopravvivere nel muco. Il rapporto muco/spermatozoi viene valutato attraverso la conta e la motilità degli spermatozoi presenti a livello vaginale e cervicale.
Durante la fase di indagine sulle ragioni della sterilità verrà anche effettuato il dosaggio di ormoni specifici: prolattina, gonadotropina e ormoni tiroidei.
Il medico potrà prescrivere altri esami di valutazione come l'isteroscopia, l'isterosonografia, la laparoscopia (consente la visione diretta delle ovaie, delle tube e della superficie esterna dell'utero attraverso una piccola incisione praticata nell'ombelico). Infine, la mappa cromosomica.

giovedì 7 gennaio 2010

La placca batterica bambini

Se i residui di alimenti non vengono rimossi con una pulizia regolare, possono dar modo ad alcuni batteri, come lo "Streptococco mutans", di formare la "placca".
Questa patina si fissa soprattutto sul colletto dei denti, estendendosi poi agli spazi tra loro e ai solchi dei molari.
La placca batterica non ha colore, essa è quindi difficilmente visibile da un occhio inesperto.
Il problema nasce dal fatto che la placca predispone alla carie e all'infezione delle gengive e comincia spesso ad accumularsi subito dopo l'inizio della dentizione.
E' buona regola quindi abituare al più presto il bambino alla pulizia quotidiana dei dentini.

All' inizio dovrete lavare i denti del vostro bambino due volte al giorno, prima cosa da fare il mattino, ed ultima da fare la sera.
Usate sempre uno spazzolino che sia stato progettato per questo scopo, che abbia una testina molto piccola e setole morbide.
Quando gli lavate i denti, usate lo spazzolino anche per massaggiare delicatamente le gengive. Quando vostro figlio diventerà più grande, non dovrete più spazzolare per lui i suoi denti, ma dovrete seguirlo perché inizi a sviluppare una tecnica corretta di spazzolamento.

Scottature ed ustioni

In casa bisogna prestare la massima attenzione per evitare che i piccoli entrino in contatto con i fornelli ed eventualmente usare le apposite protezioni per prevenire incidenti domestici e mettere in sicurezza l'ambiente in cui vive il bebé.
Ma come fare se il bimbo si scotta?
A seconda della gravità le ustioni possono essere di tre gradi:
  • Se di primo grado, la pelle appare soltanto arrossata; se di secondo, la cute si arrossa e compaiono bolle o segni di erosione; in caso di ustione di terzo grado, infine, la pelle è solcata da ulcere, ovvero ustioni profonde. Per un'ustione di primo grado o di secondo grado superficiale, basta applicare una crema a base di cortisone (prescritta dal pediatra o dal dermatologo), fino alla scomparsa dell'eritema.
  • Se invece il problema è più grave, nei casi di ustione di secondo grado profondo o di terzo grado, è indispensabile rivolgersi allo specialista. Possono verificarsi, infatti, complicanze a livello cutaneo, perché la cute ferita dall'ustione rischia di infettarsi. Nei casi più gravi non mancano problemi a livello sistemico, con febbre e/o scompenso idro-elettrolitico, cioè il bimbo perde liquidi e sali minerali. In entrambi i casi bisogna ricoverare il piccolo in ospedale.