martedì 22 dicembre 2009

Il singhiozzo

Il singhiozzo, nei neonati come negli adulti, è dovuto ad una brusca contrazione involontaria del diaframma, il muscolo a forma di ombrello che divide il torace dall'addome. Si tratta di un fenomeno molto frequente tra i bebè, che può apparire anche più volte nel corso della giornata.
Solitamente il singhiozzo si sviluppa nei momenti più concitati, ad innescarlo può contribuire ad esempio un lieve colpo di freddo o la rapida distensione delle pareti dello stomaco durante il pasto, se il piccolo ha poppato con una particolare voracità.
Si tratta quindi di un fenomeno frequente e che in genere non desta grosse preoccupazioni, ma se si verifica con eccessiva frequenza è il caso di sentire il parere di un pediatra.
Se si verifica più di due volte al giorno, allora potrebbe non più ritenersi fisiologico: il parere di un esperto ci aiuterà a capire la natura del problema.

Anche i bimbi nervosi, soggetti a crisi di pianto hanno spesso il singhiozzo: durante il pianto, infatti, vengono ingurgitate grandi quantità d'aria.
Se il singhiozzo non passa in 20 minuti si può dare al piccolo qualche goccia di acqua oligominerale con un cucchiaino; oppure provocare uno starnuto magari solletticargli il nasino (lo starnuto fa distendere il diaframma) senza mai tappargli le narici (efficace con gli adulti, può innervosire invece un neonato).
Un altro modo per fargli passare il singhiozzo può essere quello di attaccarlo al seno: la deglutizione infatti stimola il diaframma a contrarsi, ripristinando la condizione normale. Altri metodi 'dolci' consistono nel fargli un massaggio alla schiena tenendolo in posizione verticale, oppure a pancia in su sulle ginocchia e cullarlo con dolcezza.

mercoledì 28 ottobre 2009

Il cesareo

A parte condizioni specifiche (presentazione podalica, placenta previa, distacco di placenta, prolasso di funicolo, necessità di estrarre prematuramente un feto perché non cresce più, varie malattie materne di diversa gravità), oggi una donna va incontro più frequentemente al parto cesareo in tre situazioni:
  • la dilatazione del collo uterino non procede come dovrebbe (distocia cervicale)
  • la progressione della testa fetale non avviene correttamente (sproporzione feto-pelvica)
  • il battito del bambino registrato con il monitoraggio non è soddisfacente (sofferenza fetale)

L’intervento di taglio cesareo è ormai una tecnica standardizzata
Fino alla fine degli anni '80 il taglio cesareo veniva effettuato solitamente in anestesia generale. Con questa tecnica di anestesia la paziente, restando sveglia e cosciente durante l'intervento, può partecipare con consapevolezza alla nascita del suo bambino.
Attualmente la frequenza dei tagli cesarei in Italia, in rapporto al totale dei parti, si attesta su cifre varianti intorno al 35% in rapida crescita rispetto allo scorso decennio.

Anche dopo un parto cesareo è importante che vi alziate precocemente, già a partire dal giorno successivo all’intervento, con l’aiuto di un’infermiera o di un familiare. All’inizio vi sentirete un po’ limitate nei movimenti, camminare vi farò male, ma pian piano tutto si normalizzerà, non bisogna scoraggiarsi. Prima vi muoverete e prima sarete completamente autonome. È importante che non vi sentiate limitate per l’avvio dell’allattamento: fin dalle prime ore dalla nascita, infatti, è possibile attaccare al seno il vostro bambino, anche in posizione sdraiata. Nei primi giorni non riuscirete magari a sollevarlo dalla culla ma potrete comunque cullarlo e coccolarlo.
Sarà necessario qualche giorno perché la funzione intestinale si regolarizzi completamente. Talvolta, inoltre, si manifesta meteorismo, che provoca distensione della parete addominale, per cui la ferita “tira” e può risultare piuttosto fastidioso. Anche gli eccessi di tosse possono essere fastidiosi, ma dovete cercare di non pensarci e di concentrarvi sugli aspetti più belli e appaganti del momento speciale che state vivendo e che vi aspetta.

mercoledì 7 ottobre 2009

L'acetone

L'acetonemia o chetosi è una condizione molto frequente in età pediatrica ed è dovuta ad un disturbo momentaneo del metabolismo del bambino che, dopo aver bruciato tutti gli zuccheri a disposizione dell'organismo, inizia a bruciare come fonte di energia alternativa anche i grassi, determinando in questo modo l'aumento nel sangue e nelle urine dei corpi chetonici (iperchetonemia) fino al raggiungimento di livelli tossici. Nel tentativo di diminuirne la concentrazione nel sangue, l'organismo inizia ad eliminare con le urine gli acidi acetoacetico e il 3-idrossi-butirrico (possono essere evidenziati nelle urine con l'ausilio degli stick urinari per la ricerca della chetonuria, acquistabili in tutte le farmacie) e, attraverso i polmoni, l'acetone: quest'ultimo, a contatto con l'aria, sprigiona il caratteristico odore di frutta matura. Le cause
L'acetone e i corpi che tonici, sono dovuti, nella maggior parte dei casi, a difetti alimentari, in particolare in seguito ad una alimentazione troppo ricca di grassi; tuttavia può manifestarsi anche in seguito a digiuno prolungato, durante gli "stress" infettivi febbrili che possono provocare sia l'aumento della secrezione di ormoni che metabolizzano i grassi che il rifiuto del cibo; un'eccessiva assunzione di cibi troppo grassi, quali patatine fritte, cioccolata, fritti ecc.; in condizioni di carenza di insulina per il ruolo insostituibile di questo ormone nel trasporto del glucosio all'interno delle cellule dove avvengono i processi di produzione energetica (diabete); dopo uno sforzo fisico intenso e prolungato; stati di shock; malattie del fegato.
In casi ancor più rari l'acetone può essere provocato da fattori psichici, come un forte dispiacere, una continua preoccupazione, paura e rabbia e da difetti congeniti del metabolismo e avvelenamento da alcool etilico e salicilati.
I sintomi
Il sintomo classico è l'odore caratteristico dell'alito, che sa di frutta troppo matura e che viene subito notato dai genitori. L'accumulo progressivo di chetoni nel sangue provoca poi un senso generale di malessere con la comparsa di vomito, mal di pancia, mal di testa, scarsa vivacità, occhi cerchiati, volto affilato, una forte e intensa patinatura (solitamente di colore biancastro/giallognolo) della lingua, mucose disidratate, respiro profondo e frequente, fino a giungere, in rarissimi casi, alla comparsa di alterazioni della coscienza.
Cosa fare
Per accertare che il proprio bambino sia affetto da acetone é necessario fare un esame delle urine. Se questo risulta positivo, sarà bene sottoporlo ad una dieta povera di cibi contenenti grassi (tra cui il latte e suoi derivati) e ricca di alimenti dolci e senza grassi (spremute, the, camomilla, succhi di frutta, bibite senza gas aggiunti) da somministrare a piccoli sorsi in caso di vomito. In questo modo si reintegrano le sue scorte di energia e l'organismo riprende ad utilizzare come combustibile gli zuccheri: nel giro di 2 -3 giorni si vedrà la progressiva riduzione dei chetoni nelle urine e il piccolo si sentirà completamente ristabilito, tanto da permettere la rialimentazione che dovrà, comunque, restare per alcuni giorni a basso contenuto di grassi.
Prevenzione
La prevenzione delle crisi di acetone consiste nell'eliminare o per lo meno ridurre dalla dieta del piccolo latte intero, yogurt intero, gelato, burro, cioccolata, biscotti frollini, brioches, merende confezionate, carni rosse, salumi, insaccati, uova, formaggi, fritti, maionese, panna e crema, privilegiando invece latte parzialmente scremato o latte scremato, yogurt magro, pane, fette biscottate, marmellata, miele, frutta, tè, camomilla, pasta, riso, semolino, brodo vegetale, carni bianche come pollo, vitello, coniglio, tacchino ai ferri o lessati, pesce, verdure di qualsiasi tipo lessate, cotte a vapore o crude, legumi, olio extravergine di oliva, frutta, acqua e succhi di frutta.

martedì 22 settembre 2009

Prepararsi al parto

La scadenza e la nascita del bimbo potrebbero non essere quelle fissate dal ginecologo,a volte la prima gravidanza soprattutto potrebbe terminare 1 settimana prima e/o posticipare di 1 settimana, è bene avere tutto pronto per non rischiare di dover preparare la valigia all'ultimo minuto e di fretta.
Questo comporterebbe un aumento dell'ansia e del nervosismo, il parto e la nascita devono essere vissuti con rilassatezza.

A CASA:
A casa servono tante piccole cose ed accessori per permettere alla neo mamma di curare ed accudireal meglio il suo piccolo tesoro.
Questo è l'elenco delle cose più utili e comuni da reperire prima della nascita:

  • 1 fasciatoio
  • 1 culla o 1 carrozzina
  • Lenzuola per la culla (almeno 4 cambi)
  • 1 copertina leggera di lana
  • 1 copertina di cotone
  • 1 copertina imbottita (se il piccolo nasce in pieno inverno)
  • 8 body senza maniche se è estate con maniche se è inverno
  • 8 tutine in cotone o ciniglia
  • 1 confezione di pannolini usa e getta della prima misura
  • 1 confezione di salviettine inumidite
  • 1 confezione di dischetti di ovatta
  • 1 confezione di pulisciorecchie
  • 2 confezioni di bende e garze per la medicazione ombelicale
  • alcool o mercurocromo a seconda di quello che vi viene consigliato nell'ospedale
  • olio specifico per la pelle del bimbo
  • shampoo
  • pasta a base di zinco per il cambio dei pannolini
  • talco in polvere o in crema
  • salviette
  • pettinino e spazzolina

Circa due mesi prima della data prevista epr il lieto evento è utile cominciare a preparare gli accessori e il corredino epr il neonato, non acquistate tantissime cose prima di tutto perché i bimbi cresocno velocemente e anche perché i vostri amici e le persone care vi faranno tanti regali e potete chiedere quello che vi è più utile e non appesantire il bilancio familiare !!
Normalmente si acquistano i prodotti epr l'igiene e il cambio dei vestitini.

I DOCUMENTI

Ricordati di mettere nella valigia dell'ospedale:

  • i risultati degli ultimi esami fatti
  • un documento d'identità
  • il codice fiscale
  • la tessera sanitaria e quella del gruppo sanguigno

lunedì 7 settembre 2009

La fontanella dei bambini

Le fontanelle sono membrane che ricoprono le ossa del cranio che non si sono ancora saldate.

  • La fontanella posteriore si chiude, cioè si ossifica, precocemente, entro il secondo mese di vita;
  • quella anteriore invece, che mediamente alla nascita misura due o tre centimetri di lato, inizia a ridursi verso il sesto mese per completare la sua ossificazione verso la fine del primo anno e anche oltre se alla nascita era molto ampia.

Anche quando si dicono ossificate, però, le fontanelle, così come le linee di sutura, non perdono la loro elasticità ancora per molto tempo e ciò permette al cranio di crescere regolarmente. Anche le suture, alla nascita, possono palparsi separate, cioè con i bordi distanti di qualche millimetro: anche questo, quando non associato ad altri segni clinici particolari,non è patologico.


È possibile tagliare i capelli del piccolo ed utilizzare il phon?
Questa è una delle domande più frequenti delle mamme.
In genere, non è necessario tagliare la chioma del piccolo, anche perché quella dei piccini non è folta a tal punto da arrecargli fastidio o da necessitare di un taglio urgente. Al di là di ciò non ci sono comunque controindicazioni ad una spuntatina.
È possibile utilizzare anche il phon, ovviamente a temperature non incandescenti. Per i piccoli è consigliato frizionare con un asciugamano il capo: garantisce un’asciugatura molto dolce e non aggressiva, vista la pelle delicata del bimbo.

Come lavarli?
Nei primi periodi di vita del piccolo i capelli possono essere lavati anche tutti i giorni. Si può usare anche solo l’acqua per poi passare ad uno shampoo dolce che non aggredisca la sua cute. Nel primo periodo è anche consigliato lavare spesso i capelli per via della consistenza grassa che si accumula nel cuoio capelluto.
Durante l’allattamento compare la cosiddetta crosta lattea, crosticine squamose untuose e giallognole. Sono dovute ad una secrezione eccessiva delle ghiandole sebacee che posso comportare prurito. Per alleviare la sensazione si può utilizzare un detergente, che rinfreschi la pelle, a base di riso ed avena.

E le fontanelle?
Non bisogna preoccuparsi eccessivamente perché le fontanelle sopportano benissimo le manovre e le pressioni dell’igiene quotidiana e non si arreca alcun danno al piccolo se si friziona la testolina con l’asciugamano, oppure si lavano i capelli.

giovedì 30 luglio 2009

Il dolore del travaglio

Il dolore, nel travaglio, costituisce una delle grandi paure della gravidanza e uno dei problemi che molto spesso dettano il comportamento della donna di fronte alla nascita.
Il dolore ha due componenti:

  • Una attuale, che è data dalla percezione fisica del dolore, che si genera in una zona del nostro corpo e viene trasmessa al cervello;
  • l'altra, futura, è data dalla “paura del dolore che deve venire”, da una aspettativa ansiosa e talvolta angosciante del dolore stesso.

Questa seconda componente è la più difficile da controllare e sopportare, perché abbraccia un lungo periodo di tempo. Essendo il dolore da parto una sensazione spiacevole, è chiaro come fino ad oggi, dagli albori della storia, si sia messo il massimo impegno per combatterlo.
Occorre quindi che si guardi a questa realtà con lucidità e serenità senza crearsi drammi o provocare angoscia, ma anche senza determinare false aspettative.
Un certo dolore durante il travaglio e il parto c'è, ma ben sopportabile e accettato senza grandi problemi dalla maggior parte delle donne.
La posizione da tenere durante il travaglio è una cosa assolutamente soggettiva infatti quasi tutte le strutture ospedaliere consentono alla partoriente di compiere qualsiasi movimento preferisca.

In particolare, a dispetto di quanto siamo portate a credere, non occorre affatto rimanere inchiodate a letto tutto il tempo, anzi è provato che la posizione supina presenti precisi inconvenienti per il bambino.
L'utero infatti, che in questa posizione non ha la classica forma a uovo, si deforma in modo innaturale e potrebbe comprimere le grosse vene rendendo difficoltoso o riducendo lo scambio di sangue con il bambino attraverso la placenta.



  • Nelle prime fasi del travaglio la partoriente solitamente prova maggiore benessere stando in piedi (posizione che tra l'altro aiuta il bambino a scendere grazie alla forza di gravità) o camminando appoggiandosi al muro ad un mobile o al compagno durante la contrazionE. Dondolare ruotare o inclinatre il bacino può rivelarsi molto utile. E' consigliabile anche mettersi in ginocchio o accovacciate con i talloni che toccano terra e le ginocchia divaricate in una posizione che ricorda una rana in modo da concedere al bambino il massimo spazio possibile nel bacino.

  • Un'altra posizione consigliata per agevolare la discesa del bimbo è quella carponi, particolarmente indicata per alleviare il mal di schiena e consiste nel mettersi a quattro zampe con le mani distanziate alla larghezza delle spalle prestando particolare attenzione a non inarcare la schiena. Da questa posizione facilmente verrà poi spontaneo piegarsi in avanti appoggiando gli avambracci sul pavimento. Anche questa posizione per la sua prerogativa di allontanare il bimbo dalla colonna vertebrale aiuta ad alleviare il dolorealla schiena.

L'ostetrica

L'ostetrica è una professionista che dedica la sua arte ed il suo sapere alla donna, al bambino e alla coppia.
Nell’arco dei nove mesi, però, uno dei ruoli fondamentali per la gestante lo ricopre l’ostetrica che non ha solo il compito di assistere al travaglio ed al parto della donna, perché è quella persona che più delle altre aiuta la gestante a capire ogni tappa fondamentale ed ogni meccanismo della gravidanza.
Le ansie, le paure sono tantissime per una donna incinta, soprattutto se primipara, e l’ostetrica ha il compito di rassicurarla ed accompagnarla in questo cammino, spiegando ciò che le succede dal punto di vista fisico ed emotivo: la trasformazione del corpo, come si adatta il suo organismo a quello della presenza del bambino, i momenti di pianto, le nausee, le voglie.
Tutte domande a cui, solo un’esperta, può dare risposta.
L’ostetrica deve avere un approccio completo e globale alla madre, e al bambino dopo la nascita di modo che il momento della gravidanza, fino al post parto possa essere vissuto con armonia per infondere tranquillità al piccolo che sta per nascere.
In molte regioni d’Italia si sta sempre più diffondendo, fortunatamente, l’idea dell’assistenza continua dell’ostetrica alla gestante per facilitare i processi e prestare ancora più attenzione alla salute della donna in gravidanza.
E' una persona importante Che durante il difficile periodo del travaglio vi aiuterà e vi supporterà nel dolore.
Accoglierà nelle sue mani il vostro bambino e ve lo porgerà affinché possiate vederlo, toccarlo, stabilire con lui il primo rapporto d'amore figliale.
Vigilerà su di voi nel periodo del post-partum e del puerperio accertandosi che tutti i fenomeni involutivi fisiologici si verifichino.
Vi supporterà nei momenti di crisi e di sconforto che nel periodo di degenza in ospedale spesso avvengono.

mercoledì 1 luglio 2009

I primi denti

L’epoca di eruzione dei denti inizia verso il 6° mese, ma esiste un’ampia variabilità da caso a caso: alcuni hanno 1-2 dentini già alla nascita, altri iniziano dopo l’anno.
Già a partire dal 3° mese aumenta la salivazione (il bambino “sbava”) ma non c’è alcun rapporto con l’inizio della dentizione.
Normalmente erompono per primi i 2 incisivi centrali inferiori, poi i 4 incisivi superiori, poi gli altri 2 incisivi inferiori, poi i primi molari, i canini ed infine i secondi molari. Ma questa non è una regola valida per tutti.
In coincidenza con l’eruzione dei denti possono comparire alcuni problemi.
I sintomi che annunciano l'uscita dei primi dentini:
  • Salivazione. Si parla di salivazione, quando questa si presenta in quantità maggiori rispetto al solito. Questo è dovuto per via delle mucose gengivali che si preparano ad accogliere i dentini. In questo caso, per una corretta igiene occorre asciugare sempre gli sbavamenti del piccolo e cambiare spesso la foderina del cuscino, oltre al bavaglino. Questo eviterà irritazioni alla bocca e al mento del neonato.
  • Mordere. Se i dentini stanno per nascere, noterete anche che il vostro bimbo avrà voglia di mordere, proprio per alleviare il prurito delle gengive, che si preparano ad accogliere i dentini
  • Gengive gonfie. Se oltre all'abbondante salivazione, si notano le gengive gonfie, vuol dire che il dentino sta per spuntare. Le gengive infatti, vengono spinte dal dentino che vuole uscire e di conseguenza si gonfiano e si irritano. Come prevenzione, l'unico consiglio è quello di non offrire al bimbo alimenti troppo caldi che alimenterebbero ancora di più, l'irritazione.
  • Diarrea. Molti pediatri non sono d'accordo nell'associare la diarrea con la dentizione. Il culetto irritato può essere dovuto per esempio anche ad allergie alimentari, o qualche virus o altro ancora. In caso di diarrea, se avete dei dubbi consultate il pediatra. L'arrossamento del culetto si placa, lavandolo con acqua fredda, tamponando con una salvietta per asciugarlo ed infine mettendo abbondante crema all'ossido di zinco. Cambiare spesso il bimbo e procedere nuovamente come sopra descritto. Nel giro di 24 ore o al massimo 48, il culetto tornerà privo di irritazioni e la diarrea tenderà a scomparire. Ricordatevi che in caso di diarrea, in generale, occorre offrire al bimbo sali minerali per reintegrare i liquidi che perde.
  • Febbre. Anche la febbre può essere un sintomo che annuncia la dentizione, ma come nel caso della diarrea, i pediatri non la pensano così. Per maggior sicurezza, alla comparsa della febbre, soprattutto se alta, consultate il medico. Se si tratta di diarrea dovuta alla dentizione, la febbre dovrebbe durare poco, uno o due giorni al massimo.

I dentini vanno curati anche se sono quelli da latte da un bravo dentista esperto in problemi pediatrici.

martedì 30 giugno 2009

Il bagnetto del neonato

Il bagno è una operazione di grande importanza per il neonato: esso rappresenta una occasione di contatto, di dialogo fra mamma e bambino. Per tale motivo è importante dedicare al bagnetto tutto il tempo e l'attenzione di cui si dispone, approfittando per parlare e giocare con il bambino, facendogli sentire la propria presenza.
Se è possibile, il bagno va fatto tutti i giorni, ricordando che il neonato non è affatto "fragile" ed è praticamente impossibile procurargli delle lesioni nel corso delle normali cure.
  • Quando fare il bagnetto? Dopo la caduta del moncone ombelicale.
  • E prima? Utilizzare un latte detergente o un olio da passare con un batuffolo di cotone sul corpo senza risciacquare (A- DERMA bagno all’avena, OIL - triderm, ecc.)
  • Come si fa il bagnetto? È bene utilizzare una vasca piccola, ben lavata e disinfettata. L’acqua deve avere una temperatura intorno a 35° C e vi si può sciogliere un pò di bicarbonato , amido, bagnoschiuma per bambini che non irriti gli occhi (Vitadermina).
  • E per i capelli? Quando i capelli sono corti, la testa va lavata come il resto del corpo (Shampoo extra delicato DUCRAY, Restiva OIL, Avalon detergente ecc.)
  • Dove si fa il bagnetto? La stanza da bagno è l’ambiente ideale in quanto essendo più piccolo delle altre camere si presta meglio ad essere riscaldato. La stufetta, eventualmente, andrebbe usata in un’altra stanza, dove il bambino viene portato per essere asciugato bene e rivestito
  • In che momento della giornata?Il momento migliore per il bagno è quello che precede l'ultimo o il penultimo pasto, cioè verso le 20 o le 22, a seconda delle abitudini familiari. Questo perché è il momento della giornata in cui di solito si è meno affaccendati: non ci sono pulizie della casa, la cena è già stata consumata ed in genere non si ricevono visite o telefonate che potrebbero distrarre in un momento che in realtà richiede tutta l'attenzione possibile. Inoltre il papà può prendervi parte attivamente.

lunedì 29 giugno 2009

Le vacanze dei Bambini

Portare un bambino in viaggio richiede molte attenzioni: i piccoli infatti sono più suscettibili degli adulti alle malattie infettive e ai traumi e difficilmente seguono spontaneamente le norme di igiene alimentare.
Ecco i principali rischi del bambino in viaggio e i consigli per affrontarli:
  • Viaggi aerei. Meglio evitarli nelle prime sei settimane di vita. Se durante l’atterraggio si verificano otalgie, invitate il bambino a sbadigliare, deglutire o masticare un chewing gum. Portate nel bagaglio a mano cibi e bevande adatti all’età del bimbo: la bassa umidità della cabina può provocare secchezza alla bocca.
  • Raggi ultravioletti. Proteggetelo con creme ad altissima protezione, applicandole più volte durante la giornata, copritegli la testa con un cappello e fategli indossare abiti freschi, in fibre naturali e di colore chiaro. Nelle ore più luminose fategli indossare occhiali da sole.
  • Punture di insetti. Le malattie trasmesse da punture di insetti sono numerosissime: malaria, febbre gialla, borreliosi, encefalite da zecche, dengue, ecc. Le misure da adottare sono: abbigliamento adatto, zanzariere, aria condizionata, repellenti cutanei e insetticidi.
  • Diarrea del viaggiatore. I bambini sono ad alto rischio, perché vanno facilmente incontro a disidratazione. Pertanto fate attenzione alla prevenzione, ponendo una particolare cura al lavaggio delle mani, ai cibi e all’acqua consumati dal bambino. Preparatevi ad affrontare situazioni di emergenza, disponendo di soluzioni reidratanti orali contenenti sali e glucosio. Una soluzione artigianale può essere preparata con un cucchiaio di sale da cucina, 4 cucchiai di zucchero, un cucchiaino di bicarbonato, un cucchiaino di cloruro di potassio e un litro d’acqua potabile. Se si presenta vomito evitate il cibo fino alla scomparsa del sintomo (12 ore) e somministrate liquidi a cucchiaini. Antibiotici e antidiarroici sono controindicati, quindi rivolgetevi al medico.
  • Vaccinazioni. Assicuratevi in tempo di aver effettuato tutte le vaccinazioni, per dar modo all’organismo di produrre anticorpi. È necessario che siano completati i cicli vaccinali di base (antipolio, antidifte-tetanica, antipertossica, antimorbillo, parotite-rosolia, antiepatite B).

mercoledì 17 giugno 2009

Stitichezza neonato

Molto spesso accade che i neonati abbiamo problemi di stitichezza e che all’uscita dall’ospedale, le neomamme non sappiano come comportarsi.
La stitichezza nei neonati può derivare dalla struttura dell’intestino, non ancora del tutto formata e completa, quindi non efficiente completamente; oppure dal tipo di latte somministrato: in genere i bambini allattati con latte materno hanno meno difficoltà rispetto a quelli che vengono nutriti con latte artificiale.
Si può benissimo monitorare un bambino guardando il suo pannolino, in genere non ci sono problemi se evacua una volta al giorno ( o di più, ma non troppe), oppure una volta ogni due giorni.



  • La tecnica della stimolazione rettale è un modo efficace e non dannoso per promuovere l’evacuazione di feci. Vi consigliamo di reperire, in una buona farmacia, dei sondini in silicone simili a quelli ampiamente utilizzati in ambiente ospedaliero per diversi usi.Ora predisponete tutto il materiale per il cambio del pannolino e per l’igiene del bebé accanto al vostro fasciatoio. Create un ambiente tranquillo e confortevole intorno al vostro bambino e procedete così: dopo aver lubrificato la punta del sondino con dell’olio idratante per neonati o, meglio ancora, con un lubrificante per cateterismi (disponibile in farmacia per pochi euro), lo introdurrete senza forzare per circa 3-5 cm nell’orifizio rettale e con movimenti circolatori andrete a sollecitare le pareti del retto.Normalmente pochi secondi di stimolazione sono sufficienti a provocare uno stimolo espulsivo completo. Procedete per pochi minuti ancora, ma fate in modo di rispettare delle piccole pause che serviranno al piccolo a non stancarsi troppo e a non irritarsi inutilmente.
  • Naturalmente, capita a volte che non si abbiano i risultati sperati e che la semplice stimolazione rettale non produca risultati degni di nota. Non disperate e procedete con il piano B, che prevede un piccolo clistere evacuativo, altresì chiamato microclisma. In farmacia sono disponibili dei preparati già pronti all’uso e dotati di comodi applicatori che certamente renderanno più facili tutte le operazioni sul piccolo. In ogni caso, al termine del clistere potete agire in due modi: o richiudere il pannolino e attendere lo sviluppo degli eventi, oppure, utilizzando anche il sondino, ripetere la stimolazione rettale descritta in precedenza.

Ombelico neonati

In genere il moncone ombelicale cade entro il 1° mese di vita, perciò la mamma deve sapere come trattarlo.
Si consiglia di prendere una garzina e arrotolarla come un cordoncino, bagnarla bene con alcool puro, quindi avvolgere e annodare attorno al moncone ombelicale.
Può succedere che la pelle della pancia attorno all’ombelico si irriti; in tal caso applicare una crema di quelle precedentemente utilizzate, in modo che l’alcool non la tocchi direttamente.
Può succedere che esca del sangue dall’ombelico dopo la caduta del moncone, oppure alla base del moncone se ancora non è caduto: in questi casi è bene applicare acqua ossigenata e farla asciugare prima di rimettere il pannolino.

lunedì 18 maggio 2009

Primi sintomi travaglio

E’ molto importante conoscere i primi sintomi d’inizio del travaglio di parto.
In generale dopo la comparsa dei primi sintomi c’é parecchio tempo prima di partorire, la gestante avrà dinanzi a sé tutto il tempo sufficiente ad affrontare gli ultimi preparativi senza fretta.
I primi sintomi sono:
  • Perdita del tappo mucoso: all’inizio del travaglio il muco che occlude il collo dell’utero viene espulso. La donna avverte fuoriuscita di una sostanza bianca, densa, mucillaginosa, intrisa di sangue; talvolta seguita dall’emissione di qualche goccia di sangue.
  • Contrazioni uterine: le donne avvertono l’utero contrarsi con dolore simile a quello mestruale, tensione e dolenzia ai lombi e ai fianchi. Bisogna tenere presente che le contrazioni preparatorie al parto si susseguono all’inizio ogni mezz’ora ad intervalli regolari, poi si fanno sempre più ravvicinate, più intense e più lunghe.
    Quando iniziano le contrazioni si consiglia alla donna di misurare la frequenza e la durata di queste, usando un orologio con le lancette dei secondi.
  • L’intervallo tra una contrazione e l’altra (frequenza), all’inizio del travaglio è tra i 30/15 minuti.
  • La durata della contrazione è di 15/20 secondi e si può misurare tenendo una mano appoggiata sull’utero.
  • Rottura della borsa delle acque: la borsa delle acque è il sacco che contiene il bambino e il liquido amniotico. La donna avverte la discesa nella vagina di una ingente quantità di liquido caldo, talvolta può capitare che la perdita sia scarsa e possa essere confusa con le perdite vaginali o con l’urina. Comunque, osservando bene il pannolino, controllandolo nel tempo e odorandolo non è difficile dirimere il dubbio. Il liquido amniotico è infatti, salvo eventi patologici, inodore e incolore. In questo ultimo caso è meglio raggiungere l’ospedale o la clinica.

mercoledì 22 aprile 2009

Le pappe

Ecco qualche buona pappa da servire ai vostri bimbi:

PAPPA ROSA
250 ml di brodo vegetale
2 cucchiai da tavola di passato di carote o pomodoro
2 cucchiai da tavola di crema di riso
1 formaggino ipolipidico in vasetto
1 cucchiaino d'olio d'oliva extravergine
Nel brodo vegetale caldo stemperare la crema di riso, cuocere per qualche minuto continuando a mescolare.
A parte amalgamare al formaggino il passato di carote o pomodoro fino ad ottenere un composto cremoso.
Unire questo composto al brodo, aggiungere l'olio e servire.

PAPPA TRICOLORE
250 ml di brodo vegetale
½ carota lessata
½ zucchina lessata
2 cucchiai di riso per bambini
1 omogeneizzato di pollo oppure petto di pollo al vapore 60 g
1 cucchiaino d'olio d'oliva extravergine
1 cucchiaino di parmigiano
Cuocere il riso nel brodo vegetale, lasciandolo piuttosto morbido, aggiungere la carne tritata finemente, la verdura tagliata a dadini piccoli; condire con l'olio ed il parmigiano e servire.

venerdì 10 aprile 2009

Fumare in gravidanza

Fumare durante la gravidanza nuoce gravemente al nascituro, aumenta il rischio d'aborto o di parto prematuro, moltiplica il pericolo di morte improvvisa del lattante e il bambino è maggiormente esposto al rischio di ammalarsi di tumore.
Le tossine del fumo del tabacco che la madre assorbe volontariamente o involontariamente passano tramite i vasi del cordone ombelicale e la placenta direttamente al bambino che si trova nel grembo della madre. La nicotina provoca una diminuzione dell'irrorazione sanguigna dell'utero e della placenta e quindi anche un minore apporto di sostanze vitali al nascituro. Il monossido di carbonio assunto con il fumo riduce inoltre l'apporto d'ossigeno nella circolazione materna e del bambino.
Infatti, questa sostanza rimuove già in deboli concentrazioni l'ossigeno dal suo vettore di trasporto, i globuli rossi.
In una fumatrice incinta il rischio di un parto prematuro a dieci sigarette al giorno aumenta del 70 per cento.
Gli effetti nocivi comprendono:
  • un rischio aumentato di aborto spontaneo,
  • una riduzione del peso alla nascita,
  • un aumento del rischio di mortalità neonatale,
  • un aumento del rischio di sindrome della morte improvvisa del lattante, un rischio aumentato di malattia delle vie respiratorie inferiori,
  • una riduzione della crescita della funzionalità respiratoria.

Inoltre l’esposizione al fumo prima della nascita è stata messa in relazione con deficit cognitivi e di rendimento e con una maggiore probabilità che il bambino soffra di problemi comportamentali e di deficit uditivi.
Gli studi sugli effetti del fumo in gravidanza prendono in genere in considerazione un consumo di 20 o più sigarette (un pacchetto) al giorno e quindi è possibile che un consumo inferiore riduca proporzionalmente il danno sul prodotto del concepimento. Sta alla mamma decidere se eliminare completamente o meno il rischio che comunque deriva anche da un consumo inferiore di sigarette.

martedì 7 aprile 2009

Il reflusso in gravidanza

Il reflusso gastroesofageo è un disturbo dell'esofago.
Quando mangiamo il cibo passa dalla bocca allo stomaco attraverso l'esofago. Tra l'esofago e lo stomaco c'è una valvola. Questa valvola si apre e si chiude. Si apre per far passare il cibo. E si richiude immediatamente dopo che questo è passato nello stomaco.
Se la valvola che c'è tra esofago e stomaco non funziona bene, cioè si apre quando non dovrebbe, può capitare che parte del cibo ingerito torni indietro. Nelle persone che soffrono di reflusso succede proprio questo.
Il cibo e i succhi gastrici provenienti dallo stomaco ritornano nell'esofago.
Il reflusso gastroesofageo è questo: la risalita in esofago di materiale acido proveniente dallo stomaco.
Il reflusso gastroesofageo è un disturbo molto comune e può presentarsi anche nel corso della gravidanza. Recentemente è stato addirittura definito la "malattia del terzo millennio".
Ci sono piccoli accorgimenti che possono aiutare chi soffre di reflusso:
  • evitare i cibi grassi, troppo conditi, fritti o piccanti. Ma anche quelli acidi come il pomodoro, l'arancia e il limone.
  • Non fumare

Per prevenire il reflusso notturno:

  • evitare abiti troppo stretti in vita.
  • dormire con la testa e il torace sollevati rispetto all'asse orizzontale del corpo
  • non andare a dormire prima che siano trascorse almeno quattro ore dall'ultimo pasto
  • evitare cibi troppo elaborati

lunedì 30 marzo 2009

Ginnastica per bambini

Il tempo, non basta mai, soprattutto, quando in casa c'è un piccolo da seguire.
E così, ritagliare uno spazio per accompagnare il bambino in palestra è un'utopia per molte mamme.
Un'alternativa c'è. Fare ginnastica a casa assieme a lui, unendo attività fisica, gioco e divertimento. Ecco suddivisi per età, gli esercizi più utili e divertenti da provare subito.
Fino a 12 mesi.
Con questo esercizio il divertimento è assicurato per entrambi.
Bisogna sedersi su un materassino con le ginocchia piegate , sdraiare il bambino a pancia in giù sulle tibie e reggerlo saldamente sotto le ascelle. Poi, si sollevano i piedi, contraendo l'addome e si rilassa il colle, appoggiando il mento al petto. Da questa posizione si rotola all'indietro facendo aderire bene la schiena al materassino, e si ritorna alla posizione di partenza. Questo rotolamento serve al bambino per sviluppare il senso dell'equilibrio, senza correre alcun rischio perchè è stretto al corpo della mamma. Ed è utilissimo alla mamma per rinforzare i muscoli della schiena e gli addominali. Perchè sia efficacie, però, non sid eve mai arrivare ad appoggiare la testa a terra ed usare la spinta delle gambe.
Fino a 2 anni.
A questa età il piccolo è in grado di partecipare più attivamente alla ginnastica. Un ottimo esercizio è il cavalluccio. Si fa saltare il bambino sulle ginocchia, reggendolo sotto le ascelle. E' un gioco che costringe il bambino, per rimanere in equilibrio, a contrarre i muscoli addominali e quelli della schiena. E nello stesso tempo, permette alla mamma di rinforzare i muscoli delle cosce e dei polpacci.
Fino a 4 anni.
Un altro esercizio divertente è la bicicletta. Si esegue in coppia, sdraiati uno di fronte all'altro, con le gambe sollevate e le piante dei piedi appoggiate le une alle altre. La difficoltà è riuscire a pedalare mantenendo il ritmo. Si conta lentamente fino a 10 e poi si fa una piccola pausa e si riprende, ripetendo per 5 volte . L'esercicio aiuta sia il bambino sia la mamma a migliorare la coordianzione , a rinforzare i muscoli delle gambe e gli addominali.
Dai 4 anni in poi.
Dopo i 4 anni gli esercizi da fare in coppia sono molti. Uno molto utile, per esempio, è la vogata doppia. Ci si mette seduti, uno di fronte all'altro, con le piante dei piedi a contatto. Ci si prende per le manie , con un movimento alternato, si stendono le braccia in avanti flettendo la schiena e cercando di raggiungere le punte dei piedi con le dita.
Poi si risale piegando i gomiti all'esterno, come per imitare il gesto della vogata. Quando uno si abbasso, l'altro è ritto con la schiena e viceversa. Si ripete l'esercizio in modo che ciascuno faccia 20 flessioni. Grazie a questi movimenti, il bambino e la mamma rinforzano i muscoli della schiena e quelli delle braccia. Inoltre si allungano le fasce muscolari dietro alle gambe.

Paura del buio

Per molti bambini, a partire dai 2-3 anni di età, il mondo pullula di minacce immaginarie: dall'uomo nero al coccodrillo, ai mostri sotto al lettoo negli angoli bui.
Come rassicurarli?
Se la paura del buio o un brutto sogno impediscono al bambino di dormire, coccole e rassicurazioni lo aiuteranno a calmarsi.
L'importante è non portarlo nel lettone: sarebbe un modo per enfatizzare troppo la cosa.
La paura, infatti, come la rabbia e la gioia, è semplicemente un emozione primaria.
Appartiene a tutti ed ha anche una funzione: senza, infatti, ci esporremmo ad inutili pericoli.
Da evitare, invece, reazioni che possono farlo sentire in colpa come "Ma dai, non ti vergogli??". Come pure gli avvilenti confronti con bambini piu coraggiosi o le frasi come "Dai che ormai sei grande".
Queste paure infatti, non si giudicano: verso i 6-7 anni, spariranno da sole.
Se il bambino è molto impressionabile però, bisognerebbe cercare di non esporlo a scene paurose ed anche evitare di parlarne in casa, ad esempio commentando episodi di cronaca nera visti nel TG.
Occorre poi capire con chiarezza quali sono le paure del nostro bambino, facendosi spiegare nei dettagli cosa lo spaventa. Per esorcizzare le sue paure si potrebbero fare dei disegni, da colorare poi insieme, con gli acquarelli o con i pastelli: in questo modo lo stimolo ansiogeno perde le sue caratteristiche negative e diventa un innocuo gioco da fare insieme ai genitori.
Più i genitori si mostrano sicuri di sé, per niente spaventati, più il bambino riesce ad elaborare la sua paura ed a cacciare i mostri della notte dalla sua vita.
Accendere una piccola luce notturna, tenere aperte le serrande se si vive in una zona luminosa, può essere di grande aiuto per i momenti più difficili.
Se neanche questo è d’aiuto, si può cercare di spostare i mobili della cameretta, con l’aiuto del bambino, per cercare di togliere gli oggetti che lo spaventano nel buio.
Infine, l’ultima possibilità prima di cercare un aiuto professionale, è quella di stare accanto al bambino o durante l’addormentamento ed andare sul suo letto ogni volta che si sveglia, (per poi tornare sul proprio quando si è addormentato).

lunedì 23 marzo 2009

Le allergie

Le allergie possono manifestarsi in qualunque momento della vita, ma colpiscono maggiormente i figli di genitori allergici (la predisposizione all’allergia è, infatti, ereditaria).
La diagnosi viene effettuata attraverso test specifici praticati in strutture ospedaliere o laboratori privati che servono per confermare o smentire quella effettuata dal medico in base ai sintomi.
Questi esami, infatti, sono in grado di identificare con uno scarto di errore minimo gli allergeni responsabili.
  • Il prick test, indicato a tutte le età, è una prova cutanea che, in una sola seduta, testa tutti gli allergeni scelti dall’allergologo. Dopo aver applicato sulla pelle una goccia dell’agente allergizzante che si vuole testare, vi si fa passare attraverso un ago e si pratica una piccola puntura sulla cute. Nel giro di qualche minuto, se il soggetto è sensibile all’allergene iniettato, si produrrà un rigonfiamento che raggiungerà il massimo dopo circa una quindicina di minuti tendendo a scomparire nell’arco di qualche ora. La dimensione finale della protuberanza stabilisce il grado di sensibilizzazione nei confronti di quel particolare allergene.
  • Il RAST test è un esame del sangue finalizzato a rintracciare gli IgE e viene effettuato nei casi in cui il prick test non sia praticabile (per esempio, se il paziente ha assunto antistaminici che mascherano la reazione allergica).
  • Il test di provocazione viene eseguito in casi molto rari quando vi è discordanza tra i sintomi e i risultati del test. Gli allergeni vengono fatti direttamente inalare al paziente nei test di provocazione nasale o bronchiale; depositati nell’occhio in caso di test congiuntiveli; somministrati per os (ossia per bocca) in caso di sospetta allergia alimentare.

Da sapere: in caso di possibile predisposizione ereditaria all’allergia del bambino (se, quindi, anche mamma o papà ne soffrono), quest’ultimo va sottoposto ai test al momento dello svezzamento, per rintracciare possibili allergie alimentari innanzitutto, e poi altre forme allergiche legate ai bronchi o al naso, agli occhi, alla cute.

Nel caso in cui la mamma soffra di allergia, l’allattamento al seno è particolarmente consigliato. Attraverso il suo latte, infatti, può trasmettere al neonato gli anticorpi in grado di neutralizzare gli allergeni che causano la specifica forma allergica di cui lei soffre. In questo modo il piccolo viene protetto dal rischio di ammalarsi.

mercoledì 18 marzo 2009

Il ferro in gravidanza

Stanchezza, pallore, irritabilità e fiato corto sono sintomi che in gravidanza possono segnalare un problema di anemia da carenza di ferro.
Poiché la crescita del nascituro, soprattutto durante il secondo e terzo trimestre ne richiede grandi quantità, è abbastanza frequente che l'organismo materno si trovi impoverito di questo minerale, soprattutto se le sue riserve erano già carenti all'inizio dell'attesa e se la dieta non è ben bilanciata. Il disturbo riguarda il 40% circa delle future mamme.
Può essere risolto adottando un'alimentazione più ricca di ferro e, se necessario, integrandola con un'opportuna supplementazione.
Buone fonti di ferro vegetali si trovano nella carne magra, fagioli cotti, sardine in scatola, cereali per la prima colazionem, fichi secchi, carne scura di tacchino, semi di sesamo, verdura fresca cotta, ortaggi verdi e frutta secca.
L’assorbimento del ferro è potenziato se unito all’assunzione di vitamina C, presente nella frutta fresca e nella verdura. Il tè contiene tannino, il quale può inibire l’assorbimento del ferro, perciò è da evitare da un’ora prima a un’ora dopo i pasti.
Molti medici prescrivono di routine integratori di ferro, i quali tuttavia potrebbero essere superflui, a meno che un esame del sangue dimostri uno stato di anemia. Di norma, i livelli di ferro scendono durante la gravidanza, a causa di una maggiore diluizione del sangue.
Alcune donne optano per un supplemento di ferro naturale, come il Floridix, disponibile in negozi di alimentazione naturale.
Ecco cosa sapere e come regolarsi:
  • Nel corso della gravidanza, un calo dei livelli di emoglobina è assolutamente normale e non patologico, se si mantiene entro certi limiti
  • In assenza di altre patologie, l'anemia in gravidanza di solito è dovuta a carenze di ferro. Per accertarlo occorre misurare il livello di ferritina nel sangue. È bene in ogni caso misurare i livelli di ferritina tre volte nel corso della gravidanza.
  • Salvo casi molto gravi, l'anemia in gravidanza non è dannosa per il feto, ma solo per la mamma a cui provoca debolezza, irritabilità e stanchezza.
  • Occorre adottare una dieta ricca di ferro, favorendo alimenti come la carne, il pesce, le uova, i cereali e i legumi. Il ferro contenuto nella carne, nel pesce e nelle uova è più facilmente assimilabile, quello contenuto nei vegetali deve essere accompagnato dal consumo di vitamina C per favorirne l'assimilazione (basta una spremuta d'arancia).
  • Se la dieta da sola non è sufficiente, si può ricorrere a integratori di ferro. I più assimilabili sono quelli che contengono ferro trivalente, la stessa forma chimica del minerale presente nel nostro sangue.
  • Gli integratori andrebbero assunti a digiuno, lontano dai pasti. Possono dare bruciori di stomaco e stitichezza o eccessiva motilità intestinale. In questi casi possono essere assunti a stomaco pieno, per ridurre il fastidio, o accompagnati da un antiacido.
  • Nei rari casi in cui la futura mamma non riuscisse a tollerare il ferro per bocca, è possibile assumerlo per endovena.
  • Nello 0,5% dei casi l'anemia in gravidanza non è dovuta a carenza di ferro ma alla presenza di pochi globuli rossi di dimensioni eccessive, l'anemia megaloblastica. In questi casi è utile assumere acido folico per tutto l'arco della gravidanza.

martedì 17 marzo 2009

L'inserimento all'asilo

L'inserimento al nido di un figlio è un argomento sicuramente delicato che coinvolge emotivamente soprattutto la mamma anche se comunque mette alla prova l'intero nucleo famigliare.
In ogni mamma fanno capolino gli inevitabili sensi di colpa soprattutto se il bimbo è ancora molto piccolo e si è "costrette" a ritornare al lavoro ma lo stesso atteggiamento si ritrova anche per l'inserimento alla materna se il piccolo non era stato precedentemente al nido.
Nel piccolino potrebbe sorgere il timore di essere abbandonato dalla propria mamma visto che, per almeno i primi 18 mesi di vita, un bambino ha la necessità di un rapporto molto stretto con una figura di riferimento che di solito è appunto quella materna.
Si parla sempre in linea generale perchè ogni singolo bambino ha le proprie esigenze legate anche alle esperienze con gli adulti che lo circondano.
Questi sono dieci consigli affinché l'ingresso al nido non costituisca un trauma per il piccolo e un motivo di preoccupazione per i genitori.
  • L'ingresso al nido costituisce la prima vera prova che il bambino deve affrontare lontano dal calore e dall'affetto di mamma e papà. È importante, perciò, che genitori ed educatori operino affinché questo momento venga vissuto dal piccolo nel modo meno traumatico possibile.
  • Se la scelta del Nido è stata ragionata e oculata non dovrebbero esserci problemi. Sarebbe bene, comunque, che i genitori fissassero un incontro preliminare con gli insegnanti per conoscerne personalmente il metodo didattico e per prendere visone di quelle che sono le strutture preposte ad accogliere il piccolo.
  • Trattandosi di un momento di distacco, è bene mettere in conto un periodo di prova che viene comunemente definito inserimento durante il quale uno dei genitori trascorre al nido qualche ora con il bambino accanto alle educatrici per rendere l'allontanamento meno traumatico.
  • I primi tempi sarebbe bene optare per una formula part time.
  • È bene ricordare che nei primi mesi sono i genitori a doversi piegare alle esigenze del bambino e non viceversa. L'inserimento al Nido deve avvenire, perciò, in modo graduale.
  • La fase di inserimento non serve solo per abituare il bimbo al distacco dalla mamma e dal papà, ma anche a questi ultimi per conoscere meglio le educatrici e stabilire con loro un rapporto di collaborazione e aiuto reciproco.
  • Se durante i primi giorni da solo il piccolo piange e strilla dando chiari segnali di disagio, sarebbe bene non cedere e proseguire sulla strada intrapresa concedendogli più tempo per abituarsi al cambiamento senza per questo mollare il colpo sulla scelta effettuata.
  • Dopo il primo periodo, è bene procedere per un distacco netto e deciso.
  • Le fughe alla chetichella, gli improvvisi ritorni, i sensi di colpa non servono a nulla in questo periodo e sono, anzi, controproducenti.
  • Nel periodo dell'inserimento, la fiducia nei confronti delle insegnanti deve essere totale e assoluta. Il vostro ruolo di genitori non ne viene assolutamente minato, ma il piccolo imparerà a fidarsi solo di persone verso le quali anche voi mostrerete fiducia.

lunedì 16 marzo 2009

La merenda

Ecco per voi i cinque semplici consigli pratici per fare in modo che la merenda sia per i vostri bambini un momento piacevole e nello stesso tempo rispecchi una vera alimentazione equilibrata:
  • le merende devono essere due nell’arco della giornata: una a metà mattina e una a metà pomeriggio. Tra la merenda e i pasti non devono passare meno di 2 ore. I pasti di ogni giornata devono essere 5 in tutto e tra un pasto e l’altro è consigliabile non consumare altri alimenti.
  • Ogni pasto deve essere consumato senza che si faccia qualcosa d’altro contemporaneamente. Bisogna educare i bambini a fare una cosa per volta e a farla bene, quindi anche alla merenda va dedicato tempo. Ogni cosa ha un suo tempo e in questo modo tutte le cose che si fannodiventano importanti. La merenda deve diventare un momento importante.
  • Non permettete ai vostri bambini di fare merenda sul divano, mentre sono in piedi che giocano ai videogiochi o mentre rincorrono un pallone. Anche il luogo della merenda è importante.
  • Gli alimenti che si possono consumare per la merenda devono essere facilmente digeribili e velocemente assimilabili. Non ingolfate i vostri bambini con brioche farcite o con panini col salame. Meglio un buon bicchiere di latte (magari con una spolveratina di cacao) che contiene il calcio che fortifica e sviluppa le ossa. Ma sono tantissimi gli alimenti indicati per la merenda: frutta, verdura, gelati, yogurt, torte fatte in casa, ecc. Limitate le quantità di grassi e di zuccherie.
  • Prepate insieme ai vostri figli la merenda. Fateli cimentare fin da piccoli nelle loro abilità, nella preparazione di un budinoo di una torta insieme a voi. Sporcatevi le mani insieme a loro e, oltre alla gioia e alle risate, potrete dare loro il buon esempio che le cose più genuine sono quelleche si preparano con le proprie mani. Siate continuativi in queste sperimentazioni perché, così come la ripetitivitàdelle cattive abitudini porta a risultati dannosi,la ripetitività delle buone abitudini porta dei risultati magnifici!

martedì 10 marzo 2009

Piedi e gambe gonfie

Senso di pesantezza, problemi di circolazione: sono piccoli fastidi che possono colpire le donne in gravidanza.
Molte donne possono avere problemi più o meno accentuati alla circolazione degli arti inferiori: da un semplice senso di pesantezza alla comparsa, per alcune, di vere e proprie varici (dilatazione anomale ed antiestetiche delle vene delle gambe), con conseguente rigonfiamento dei piedi.
La causa principale di questi disturbi è il rallentato ritorno venoso del sangue dagli arti inferiori verso il cuore dovuto alla pressione esercitata dall’utero gravido ed alle modificazioni che gli ormoni della gravidanza provocano alle pareti dei vasi venosi.
Piccoli accorgimenti possono essere messi in atto affinché tali disturbi si presentino con una intensità modesta, o addirittura non si presentino affatto:
  • non si deve rimanere sedute per più di due ore consecutive; stando sedute non si devono accavallare le gambe per non comprimere troppo le vene
  • evitare il caldo eccessivo: accentua la dilatazione delle vene. Sono dunque sconsigliati: i bagni di sole, i bagni con acqua troppa calda, la sauna, i viaggi lunghi in macchina, la depilazione con cere a caldo
  • smettere di fumare
  • evitare di portare oggetti troppo pesanti: lo sforzo fisico ha come conseguenza anche il rallentamento del ritorno venoso
  • portare collant contenitive se si passano parecchie ore della giornata in piedi o sedute
  • è preferibile portare scarpe con tacchi di 2-4 cm, non piatte o con tacchi troppo alti, nocive per la circolazione delle gambe
  • avere la abitudine di svolgere quotidianamente un moderato esercizio fisico. Le lunghe passeggiate ed il nuoto sono gli esercizi migliori, perché aumentano il tono dei muscoli ed esercitano quindi una azione protettiva sulle pareti delle vene
  • quando ci si corica ricordarsi sempre di tenere le gambe sollevate di 5-10 cm rispetto al resto del corpo, mettendo ad esempio un cuscino sotto il materasso alla parte dei piedi: si facilita il ritorno venoso.
Un esercizio per favorire la circolazione e rafforzare la muscolatura è di far ruotare una pallina da tennis o di gomma sotto la pianta dei piedi nuda.

La nausea in gravidanza

Uno dei primi sintomi della gravidanza è la nausea, fortunatamente non tutte le donne ne soffrono e spesso questo disturbo scompare nei primi tre mesi di gestazione per poi riapparire, raramente, negli ultimi tre mesi della attesa.
Ma chi soffre di nausea cerca qualsiasi rimedio per farla passare, purtroppo non ne esistono e nemmeno si conoscono le cause precise che generano la nausea ad una donna incinta. Ci sono però tanti tentativi di rimedio, magari provando uno di questi la nausea passa veramente e la gravidanza va avanti senza questo "fastidio".
  • Mangiare poco e spesso
  • Fai uno spuntino ogni 2-3 ore, non fare pasti pesanti, mangia cibi secchi come biscotti, crackers, fette biscottate, grissini. Evita tutti gli alimenti che ti provocano la nausea, che hanno odori particolari o fastidiosi.
  • Zenzero contro la nausea. Uno studio condotto da un'èquipe di ginecologi dell'Ospedale maggiore di Bangkok in Thailandia ha stabilito che lo zenzero può essere un valido alleato per combattere la nausea che assale le donne in gravidanza. 40 donne incinta a cui è stato somministrato un pizzico di zenzero al giorno hanno avuto molto meno disturbi di nausea e vomito rispetto ad altre 40 donne gravide alle quali è stato dato un placebo.
  • Aumentare l’apporto di zinco che si trova in banane, cereali integrali, pesce, legumi e latticini
  • Abolire i cibi speziati, grassi, fritti o conservati in scatola che possono rallentare la digestione
  • Evitare di bere appena alzate, ma tenere sul comodino cibi secchi e salati come crackers o pane tostato, da sgranocchiare per tamponare la nausea del risveglio, più forte perché lo stomaco è vuoto
  • Durante la giornata dissetarsi con bevande acidule, per esempio una limonata rinfrescante.
  • Se la nausea non passa, tenere in bocca una gomma da masticare, oppure fiocchi d’avena o anche una nocciolina salata
  • Evitare i cibi e gli odori sgraditi, che possono favorire la nausea
  • Arieggiare spesso gli ambienti chiusi per evitare il ristagno di odori.

venerdì 6 marzo 2009

Allattamento al seno

Scegliere di allattare vuol dire offrire al bambino il miglior latte possibile, perché:
è completo e soddisfa al meglio i suoi bisogni nutrizionali, senza bisogno di aggiuntelo protegge meglio dalle infezioni (intestinali, soprattutto) e dalle allergie è sempre pronto, a costo zero, alla temperatura ideale aiuta mamma e bimbo a creare un profondo legame affettivo Sono veramente eccezionali le situazioni in cui è necessario sospendere, del tutto o temporaneamente, l'allattamento, e sarà il medico a individuarle
Attaccare il bambino al seno precocemente ha degli innegabili vantaggi: il bambino è molto reattivo nelle prime due ore dopo il parto e può sfruttare al massimo il riflesso di suzione che gli è innato; ma se questo non fosse possibile perché il bambino non vuole succhiare o perché la struttura non prevede di lasciare il bambino con la madre è sempre possibile recuperare.

ATTACCAMENTO CORRETTO AL SENO
Si può allattare in molte posizioni, per iniziare le più comode sono da sdraiate sul fianco e da seduta.
In entrambe il bambino dovrebbe trovarsi sdraiato sul fianco con la pancia contro il corpo della madre (anche la madre dovrebbe trovare una posizione comoda e rilassata). Il capezzolo dovrebbe trovarsi all’altezza del naso del bambino in modo che quando quest’ultimo spalancherà la bocca prenderà il capezzolo dal basso verso l’alto.
Il bambino si attacca al seno e non al capezzolo per cui non ha molta importanza la forma del vostro capezzolo, l’importante è che non venga preso in punta. L’ideale sarebbe di stimolare la bocca del bambino con il capezzolo per poi avvicinarlo al seno quando aprirà la bocca (come per fare uno sbadiglio) e permettergli di prendere in bocca una buona parte dell’areola.

In pratica, quando allattate:
1. Lavatevi le mani
2. Con acqua bollita e garza sterile, pulite il seno, muovendo dal capezzolo verso l'areola (la zona scura intorno al capezzolo)
3. Mettetevi comode, sostenendo ad esempio il bambino con qualche cuscino e le gambe con uno sgabello; potete scegliere qualsiasi posizione, ma badate a che il bambino riesca a respirare bene e ad attaccarsi afferrando contemporaneamente capezzolo ed areola; cambiatela spesso, in modo da favorire lo svuotamento di tutti i dotti mammari
Da sedute: tenete il bambino in braccio, girato verso la mamma, con la testa nella piega del gomito, in modo che non sia costretto a girare la testa per arrivare al senoDa distese: mettetevi sul fianco, col bambino, pure sul fianco, rivolto verso di voi, col capo all'altezza del senoNella "posizione rugby": questa posizione, particolarmente utile in caso di ingorgo mammario, è così chiamata perché il corpo del bambino viene tenuto sotto l'ascella della madre con un braccio, mentre il capo è sostenuto con l'altra mano, proprio come un pallone da rugby
4. Cominciate la poppata una volta con un seno, una volta con l'altro (a meno che vi sia ingorgo mammario, nel qual caso è meglio svuotare prima il seno gonfio e dolente: v. anche il capitolo relativo all'ingorgo mammario)
5. Dolcemente, avvicinate la guancia del bambino al seno, in modo che per istinto egli cercherà il capezzolo
6. Stringete tra pollice ed indice areola e capezzolo: il bambino si attaccherà così facilmente, afferrandoli contemporaneamente
7. Contemporaneamente, con le altre dita, sostenete il seno da sotto, lasciando libera l'areola: in questo modo eviterete che il peso della mammella faccia sfuggire di bocca capezzolo ed areola.
8. Lasciate attaccato il bambino al primo seno per una quindicina di minuti, poi, quando vedete che succhia di meno e prima che si stanchi e si addormenti, staccatelo. Importante, per prevenire le ragadi: nello staccarlo, non allontanatelo lasciando che rimanga appeso al capezzolo, ma infilate un dito nell'angolo della bocca del bimbo e spingete poi il seno verso il basso
9. Dopo un breve riposo di qualche minuto, offrite l'altro seno. Ricordate che la poppata dovrebbe durare in tutto circa 20-30 minuti, per evitare il rischio di irritare il capezzolo e che il bambino succhi a vuoto e ingurgiti aria.
10. Terminata la poppata, aiutate il bambino a "fare il ruttino" tenendolo in posizione verticale col capo appoggiato sulla spalla
11. Dopo la poppata lavate il seno con acqua tiepida e senza sapone, asciugatelo bene (anche col phon, eventualmente), poi copritelo con coppette assorbenti (non quelle con la protezione impermeabile!), che cambierete spesso se umide. Indossate vestiti leggeri e comodi. Lasciate spesso il seno liberamente all'aria, ma non direttamente al sole

SEGNI DI ATTACCAMENTO CORRETTO
Il naso e il mento del bambino toccano il seno.
La mascella si muove nella suzione fino all’orecchio.
Il ritmo della suzione all’inizio è veloce per poi rallentare e fermarsi a tratti per deglutire.
Solo in caso di seno particolarmente abbondante è necessario allontanare lo stesso dal naso dal bambino, in tal caso potete farlo esercitando una leggera pressione sulla parte superiore del seno.

QUANTITA’ DELLE POPPATE
Negli ospedali purtroppo vige spesso la regola di portare i bambini alle madri “ad orario”, in realtà , la maggior parte dei neonati succhierebbe dal seno più volte di quelle previste dagli orari imposti: in genere un neonato dovrebbe poppare dalle 8 alle 12 volte nelle 24 ore, ma finchè cresce bene ogni bambino può trovare il suo ritmo da solo.

DURATA DELLE POPPATE
Ci sono bambini che amano poppare a lungo e quelli che in 5 minuti hanno finito, quelli che ciucciano a brevi intervalli (anche ogni ora) e quelli che lo fanno ogni 3-4 ore, e poi ci sono i tipi “misti”. L’ideale sarebbe di lasciare al bambino la possibilità di succhiare secondo le sue esigenze, anche perché questo permette alla madre di essere sicura che il bambino prenda la quantità di latte di cui ha bisogno.

martedì 3 marzo 2009

Indennità di maternità

Per ottenere l'indennità di maternità le lavoratrici dipendenti devono avere un rapporto di lavoro in essere con diritto a retribuzione.
Per le altre categorie:
  • le lavoratrici domestiche devono aver versato almeno un anno di contributi nei due anni precedenti il periodo di assenza obbligatoria o almeno sei mesi di contributi nell'anno precedente;
  • le lavoratrici agricole devono aver effettuato minimo 51 giornate di lavoro nell'anno precedente il periodo di assenza obbligatoria;
  • le lavoratrici autonome devono risultare iscritte negli elenchi degli artigiani o dei commercianti, o dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, prima del periodo indennizzabile per maternità e aver pagato i contributi relativi;
  • le lavoratrici parasubordinate devono avere un minimo di tre contributi mensili nei 12 mesi precedenti i 2 mesi anteriori al parto.

In particolare l'indennità di maternità per astensione obbligatoria spetta per un periodo massimo di cinque mesi; per astensione facoltativa, per un periodo non superiore a 11 mesi complessivi tra i due genitori, da fruire nei primi otto anni di vita del bambino.

mercoledì 18 febbraio 2009

Test ovulazione

Quando una donna decide che è il momento giusto per provare ad avere un bambino è molto utile che riesca a individuare i giorni fertili per avere maggiori probabilità di rimanere incinta in breve tempo. Per sapere quali sono i giorni “giusti” in relazione al proprio ciclo è importante prima di tutto conoscere bene i ritmi del proprio corpo: esso manda infatti dei “segnali” che possiamo cogliere con una certa facilità.
Ma come funzionano i meccanismi della fertilità?
Durante il ciclo mensile entrano in funzione alcuni ormoni responsabili di una serie di modificazioni dell’apparato riproduttivo femminile; la presenza di questi ormoni determina l’alternanza tra giorni fertili, in cui è possibile restare incinte, e periodi in cui al contrario la fecondazione non può avvenire. Il periodo fertile coincide con l’ovulazione che avviene in genere verso la metà del ciclo: i giorni in cui il grado di fertilità risulta molto alto sono i 2/3 che precedono l’ovulazione per cui in una donna con un ciclo mensile regolare di 28 giorni il periodo più fecondo è quello che va all’incirca dal 10° al 17° giorno.
I test di ovulazione, affidabili fino al 99%, consentono di individuare nella donna i due giorni più fertili del ciclo e quindi il momento in cui le probabilità di rimanere incinta risultano maggiori.
test segnalano il picco dell’LH, un ormone sempre presente nell’urina, che subisce un innalzamento del livello 24/36 ore prima che si verifichi l’ovulazione.
Nella confezione del test si trovano degli stick sigillati monouso: se ne apre uno, si toglie il cappuccio protettivo, si pone sotto il flusso di urina per qualche secondo (o se si preferisce si raccoglie l’urina in un contenitore asciutto e si immerge lo stick per circa venti secondi), si ripone il cappuccio e si legge il responso tra i tre e i dieci minuti successivi.
Risultati letti oltre 10 minuti dopo il contatto con l’urina non risultano più significativi.

mercoledì 11 febbraio 2009

L'epidurale

Elimina il dolore del parto e lascia al tempo stesso la mamma attiva e cosciente. Ma in Italia quest’anestesia non è ancora molto diffusa.
Le cause? Una scarsa informazione e problemi organizzativi. Non tutte le future mamme se la sentono di affrontare i dolori del parto.
Per aiutarle, lo strumento migliore è l'anestesia peridurale (o epidurale). Una tecnica sicura ed efficace che permette di non sentire male, ma al tempo stesso di avvertire le contrazioni e i tempi delle spinte. Ma non tutte le strutture sanitarie la praticano anche se la paziente la richiede.
L'epidurale consiste nell'iniezione di farmaci anestetici nella parte bassa della schiena, tra l'osso vertebrale e la membrana che ricopre il midollo spinale, la cosidetta "dura madre". Si tratta di anestetici locali molto simili a quelli che usa il dentista, che non passano nel sangue e non hanno alcun effetto sul bambino. Non sono quindi pericolosi né per la mamma né per il bebè e permettono, in ultima analisi, un parto con minore stress.
La tecnica esiste da oltre un secolo (risale al 1885) e tra le prime donne a sperimentarla vi fu la regina Vittoria della Gran Bretagna. Ma se è molto praticata in altri Paesi (vi si sottopongono il 70% delle donne che partoriscono nel Regno Unito, il 60% in Spagna, il 35% in Francia, il 30% in Germania) in Italia interessa solo il 10% delle partorienti che abbassano notevolmente (al 20%) la media europea.
Partendo a livello della regione lombare e utilizzando un ago apposito, si raggiunge uno spazio, lo spazio epidurale appunto che è formato dal tessuto grasso che riveste le fibre nervose che trasmettono il dolore del travaglio in una zona dove ormai è terminato il midollo spinale.
In questo spazio viene posizionato un piccolo tubo di materiale plastico (detto "cateterino") che si fissa successivamente alla schiena, consentendo qualsiasi movimento alla partoriente e che verrà rimosso a parto avvenuto. Attraverso il "cateterino" vengono iniettati, quando è necessario e anche per più volte, tutti i farmaci che servono ad ottenere l'analgesia nelle varie fasi del travaglio, senza necessità di ulteriori punture.
Questa tecnica non è dolorosa perché viene preceduta da un'anestesia locale e può essere eseguita in pochi minuti.
L'analgesia epidurale consente un controllo efficace nel dolore nel travaglio e nel parto, lasciando inalterate tutte le altre sensibilità e anche la capacità di muoversi e camminare!
Dopo aver somministrato i farmaci nel tubicino fissato alla schiena, le contrazioni uterine continueranno ad essere percepite lasciando la sensazione di "qualcosa che si muove nella pancia" ma cesseranno di essere dolorose. Talvolta alcune donne possono avvertire una lieve alterazione della sensibilità che può manifestarsi con formicolio e sensazione di calore alle gambe e all'addome.
Poiché l'analgesia epidurale non deve interferire con la normale dinamica del travaglio, può essere eseguita, in accordo con l’equipe ostetrico-ginecologica. a condizione che il travaglio sia iniziato e soltanto dopo la visita del ginecologo.
Potenzialmente ogni donna può richiedere l’analgesia epidurale; la visita dell'anestesista permetterà di chiarire se ci sono eventuali problemi che ne sconsigliano l’esecuzione.
In alcune condizioni l’epidurale in travaglio è particolarmente indicata, come nel diabete, nell'ipertensione arteriosa, nella gestosi, nella grave miopia, nel pregresso distacco di retina, in alcune malattie cardiovascolari.

giovedì 15 gennaio 2009

I denti

L’epoca di eruzione dei denti inizia verso il 6° mese, ma esiste un’ampia variabilità da caso a caso: alcuni hanno 1-2 dentini già alla nascita, altri iniziano dopo l’anno. Già a partire dal 3° mese aumenta la salivazione (il bambino “sbava”) ma non c’è alcun rapporto con l’inizio della dentizione.
Normalmente erompono per primi i 2 incisivi centrali inferiori, poi i 4 incisivi superiori, poi gli altri 2 incisivi inferiori, poi i primi molari, i canini ed infine i secondi molari.
Ma questa non è una regola valida per tutti.
In coincidenza con l’eruzione dei denti possono comparire alcuni problemi.
I dentini vanno curati anche se sono quelli da latte da un bravo dentista esperto in problemi pediatrici.
La comparsa dei dentini è un evento normale dello sviluppo ma a volte può essere particolarmente fastidiosa, perché si accompagna a febbre, diarrea o bronchite. Queste manifestazioni non devono destare preoccupazione, anche se è sempre bene parlarne con il Pediatra per un’ulteriore rassicurazione: spesso non sono legate direttamente alla dentizione, piuttosto a una maggiore sensibilità a cui il bambino è esposto in questa fase delicata del suo sviluppo.
Il fastidio della dentizione nel neonato può essere di intensità variabile ed è legato ai sintomi più diffusi:
  • salivazione abbondante;
  • desiderio di mordere;
  • rigonfiamento delle gengive;
  • irrequietezza notturna.

Per le gengive può essere di sollievo mordicchiare qualcosa che, contemporaneamente, massaggi le gengive. Per esempio, i pupazzetti di gomma con liquido refrigerante che, per azione del freddo, hanno anche un effetto anestetizzante. Il massaggio sulle gengive del bambino può essere eseguito direttamente dai genitori, che, dopo essersi lavati accuratamente le dita, potranno spalmare delicatamente sulle gengive del piccolo del balsamo calmante.Bisogna invece evitare di somministrare medicinali come analgesici o paracetamolo, e in ogni caso è bene consultare il Pediatra.
Spesso accade che durante la dentizione, il bambino faccia fatica a mangiare: per invogliarlo, si possono preparare delle pappe con cibi morbidi, freschi o freddi.